PERCHÉ NON SEI ENTUSIASTA?

PERCHÉ NON SEI ENTUSIASTA?

«Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni» (Mt 7, 17-18).

San Paolo nella Lettera ai Galati dice: che il frutto dello Spirito Santo è essenzialmente la gioia.
Che cos’è la gioia? è l’esuberanza della pace dell’anima; è l’ultimo frutto della grazia. «Sia gioia a te, o piena di grazia», dice l’angelo alla Madonna.
«Gioia a te!» perché «piena di grazia».
Il cuore di ogni cristiano deve essere pieno di fiducia e di coraggio, nello stesso tempo che è pieno di soavità. «La grazia libera gli schiavi dal peccato, dà loro una mentalità di trionfatori», dice la Lettera ai Corinzi. Il pessimista non è cristiano, perché non vive di un grande amore, perché non ha il sentimento di una presenza meravigliosa che è Dio, perché non respira il cielo.
«Ogni albero buono produce frutti buoni». Frutto particolarissimo è la gioia.

«Ogni albero cattivo produce frutti cattivi».
Quali sono questi alberi guasti? Questi frutti cattivi? 
Un brevissimo esame personale. Una domanda: Siamo entusiasti della vita? Abbiamo la gioia della vita?

            Primo frutto cattivo: la vita ci appare morta, pesante.

Talvolta non se ne può più. Ciò che anni fa ci suscitava entusiasmo, appare improvvisamente indifferente, perfino molesto. Si trascina avanti la propria vita. La si sopporta. Si tira avanti faticosamente; tutto diventa sbiadito, noioso, incolore. Non si ha più interesse a tutto quello che si fa. Si ha un umore amaro, dei giudizi astiosi, si fa ancora ciò che si deve fare; si sopporta, si, ma la noia diventa sempre più forte. La gioia della vita svapora. Se ci si va a divertire lo si fa per sfuggire a una noia che ci opprime sempre più pesantemente. Ci si lamenta, e questo è un cattivo segno, di essere soffocati dal lavoro, dalle preoccupazioni; tutto diventa banale; in nulla si prova veramente piacere; si diventa incapaci di gustare fino in fondo la bontà, la gioia della vita. Che cosa si è raggiunto nella vita? Si è fatto qualcosa? All’inizio, si era incominciato con tanto entusiasmo; adesso la vita, appare svuotata, priva di senso; il quotidiano di ogni giorno ci sommerge; lavoro insignificante, cose inutili, si tira avanti. Come si può provare gioia per quelle cose che ci hanno così spesso tradito?

            Secondo frutto cattivo: anche le persone che ci vivono accanto ci diventano noiose.

Non hanno più nulla di interessante da dirci. Un vuoto squallido, una logorante indifferenza circola nella comunità. È vero, nelle circostanze tristi si diventa tristi, e in quelle liete si diventa lieti, perché così si deve fare. Ma si incomincia a non prendere più questo in maniera vissuta; tutto diventa vago; si desidera solo “dormire” esistenzialmente, cioè cedere, non si desidera più combattere; si vorrebbe terminare tutto senza difficoltà; la vita si è intorpidita. Si continua a vivere indifferenti e stanchi. Si vive a piccoli sorsi come sonnambuli; ci afferra una tiepidezza deleteria, come un’anemia spirituale; è la conseguenza del continuo cedere, cedere, cedere. Improvvisamente, tutto si arresta. Gli alberi della propria vita non portano più frutto; anzi, portano frutto cattivo, perché l’albero è diventato cattivo.

Il terreno fertile si è cambiato in roccia. Non si ama più la vita; si è morti ancora prima di morire. Si diventa spettatori taciturni delle proprie azioni. Lontani dalla vita, da se stessi, in una paurosa assenza. È vero, i sensi colgono ancora il colore, il gusto, l’odore, la forma di tutto ciò che ci sta attorno, ma tutte queste impressioni non scendono nel proprio io. Si può partecipare a feste, a colloqui, pronunciare parole intelligenti, perfino tenere conferenze che scuotono, ma mentre il cervello e le labbra compiono questo lavoro, si rimane lontano, si sente che si è bloccati internamente.

Ci sono delle persone che possono addirittura esercitare un grande fascino, una forza d’attrazione; e quelli che gli stanno vicino se ne sentono attratti, pensano che si sia colmi di vita, invece, si è vuoti, perché in noi, domina una terribile freddezza interiore, anche quando esternamente ci presentiamo delicati e benevoli. Domina in noi, una freddezza potente e intensa, una passione fredda. Si può anche essere bruciati dal ghiaccio. Le persone che vivono attorno a noi suppongono in noi misteriose ricchezze, ma nell’interno, nell’intimo siamo vuoti. In noi, la vita è congelata.

            Terzo frutto cattivo: non solo si è lontani, staccati dagli altri, ma si è lontani, staccati anche da noi stessi.

Molto lontani; bloccati in se. È una specie di distacco esistenziale che si verifica nel nostro intimo: si diventa chiusi. Non si può diventare ricchi di ciò che solo rende ricchi. Ciò che rende ricchi è l’amore che dona se stesso. Si esiste, ma non si avverte la propria esistenza; si pensa, ma non si formula il proprio pensiero in maniera viva; si agisce sugli altri, ma non si vivono le relazioni umane; si toccano gli altri col nostro talento, con la nostra astratta genialità, con emozioni che talvolta accendono tutto il nostro essere, ma poi li si rigetta, li si disonora, li si distrugge. Una serie di frutti cattivi avvelenano l’esistenza.

«L’albero cattivo, dà solo frutti cattivi». «L’albero buono dà frutti buoni».
Qui invece c’è la gioia, si vede l’albero fiorire; è una meraviglia, come a primavera. Allora «si cammina in novità di vita»; ogni giorno, diventa più splendido; si gode e si fruisce quel carisma particolare che è la gioia.

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