Messalino di Sabato Santo – 15 APRILE
La liturgia bizantina invita in questo giorno al silenzio: “resti muto ogni mortale e stia con timore e tremore; non mediti alcunché di terreno”.
La notte della morte
La morte ci introduce a vedere Dio. Ma la morte è una notte. Un cristiano non dovrebbe mai essere triste perché non è mai senza speranza. Può darsi che la prova che incombe su di lui sia dura, terribile; ma la grazia lo aiuta sempre, perché la morte ha perduto il suo pungiglione, dice S. Paolo, è stata sconfitta (cf 1 Cor 15,55). La morte per ciascuno di noi deve avere una luce beatificante. La notte della morte che sembra piombare su di noi nell’ultimo istante della vita, diventa come la notte del sabato santo, che la liturgia chiama «la più beata di tutte le notti» perché Gesù è uscito dalla tomba.
Il suo silenzio
Ma ciò si realizza evangelicamente nelle parole di Gesù in croce quando proclama l’ultima verità del Padre nel grido dell’abbandono, ma contemporaneamente si abbandona con un alto grido nelle mute mani del Padre per essere nel giorno della morte, al Sabato santo, l’inespressa ma tuttavia tonante parola....Gesù tace davanti a Caifa (Mt 26,63), davanti a Erode (Lc 23,9) e infine anche davanti a Pilato (Mt 27,12.14; Gv 19,19) e parla solo col suo silenzio: «Egli fu maltrattato e si lasciò umiliare e non aprì la bocca, come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53,7). È il compimento di quel tacere di Dio, per il quale non ha più senso parlare, per cui incatena anche il suo profeta Ezechiele e lo fa ammutolire (Ez 3,25 ss.). Questi parlerà solo per gesti simbolici (come anche le stazioni della Via Crucis di Gesù sono parole dette da muti gesti) fino al giorno in cui uno scampato da Gerusalemme comunicherà agli esiliati la rovina della città e il popolo riconoscerà che la parola di Jahwé è veritiera (Ez 24,27; 33,22).
(...) Ignazio parla del «Dio unico che si è rivelato attraverso suo figlio Gesù Cristo, che è la sua Parola uscita dal silenzio» (Magn 8,2) e parla della concezione di Maria, della nascita così come della morte del Signore come di «tre misteri altisonanti che furono compiuti nel silenzio di Dio» (EJ 19,1). In questo silenzio di Dio sono compiuti questi «misteri altisonanti», ma «i principi di questo mondo» non vi prestano ascolto. Concezione, nascita, morte sono dunque parole proclamate ma non ascoltate...
Il mistero del Sabato santo non costituisce qui alcuna eccezione. Non solo il fatto che Gesù diventò solidale con noi nel suo silenzio di morte è un alto grido (kraugé), ma anche il fatto che egli espressamente scende nel silenzio di quella morte che è morte lontana dalla vita di Dio, morte in cui nessuno può più lodare Dio (cfr. Sal 6,6). Dio non può annunziare più chiaramente di così che egli ci raggiunge perfino nel nostro essere perduti. Che nel vecchio canto ecclesiale si cantasse della «morte di Dio» significa che egli ha inserito il morire dell’uomo (lontano da Dio) nel rapporto tra il Padre e il Figlio incarnato nello Spirito Santo, che dal Figlio nella morte è restituito al Padre e che questo silenzio mortale fa parte del suo mistero rivelato, rivolto a noi. Ci sono molti momenti nel silenzio di Gesù. (Riflessione di Hans Urs von Balthasar)