Messalino di Mercoledì 19 Settembre
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (12,31 - 13,13)
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi! E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la
conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
* Si può considerare questo brano come un inno di tre strofe: la prima stabilisce la dipendenza dei carismi riguardo alla carità; la seconda personalizza la carità: che cosa fa e che cosa non fa (vv. 13,4-13,7 o 8a); la terza (vv. 13,8-13,13) stabilisce una specie di antitesi fra la carità e le altre virtù: quella che rimane e quelle che passano.
Salmo Responsoriale (dal Sal 32)
Beato il popolo scelto dal Signore.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate.
Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.
Canto al Vangelo (cf Gv 6,63c.68c)
Alleluia, alleluia. Le tue parole, Signore, sono spirito e vita; tu hai parole di vita eterna. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Luca (7,31-35)
In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
* Gesù paragona i farisei e gli scribi a fanciulli capricciosi, che nessuno riesce ad accontentare. Di fronte a qualsiasi proposta essi trovano sempre qualcosa da ridire e una scusa. Tutti gli inviti, per quanto ben intenzionati, sono respinti con apatica indifferenza.
Spunti di Riflessione
Niente da fare
Pur facendo tutto il possibile nei confronti dei capi del popolo d’Israele, Giovanni Battista e Gesù si trovano di fronte ad un ostinato rifiuto. Il popolo ebraico non vuole abbandonare il quieto vivere garantito dalla propria autogiustificazione e dal sicuro possesso delle promesse di Abramo: «Noi abbiamo già Abramo e Mosè, non abbiamo bisogno di altro!». L’obiettivo della parabola è chiaramente l’ostinazione e l’indurimento di Israele. Per i farisei e gli scribi, che credono di essere completamente a posto, è assurdo sottoporsi al battesimo di penitenza di Giovanni, di cui non sentono affatto il bisogno! Ma non vogliono neanche avere a che fare con Gesù, perché è «amico dei pubblicani e dei peccatori» (Mt 11,19; Lc 7,34) con cui non vogliono avere rapporti, pensando di detenere il monopolio di Dio e della pietà. Il paradosso insito nelle scuse e nei pretesti dei farisei viene illustrato facendo presente che essi affermano che Giovanni Battista «ha un demonio» (Mt 11,18; Lc 7,33), perché non mangia né beve. Ma siccome Gesù, «il Figlio dell’uomo» (Mt 11,19) mangia e beve, hanno osato accusarlo oltraggiosamente di essere un «mangione e un bevitore» (Mt 11,19; Lc 7,34). Qualunque cosa si faccia, è impossibile salvare chi non lo vuole.
«La fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin dall’inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro» (Papa Francesco).
La Parola per me, Oggi
«La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta». Ce ne è a sufficienza per vivere oggi? La carità deve splendere anche attraverso la tua vita.
La Parola si fa Preghiera
Questa volta prendimi, Signore, prendimi il cuore. I giorni passati senza te non ritornino più. La mia vita vegli sempre nella tua luce. O Signore, smarrito ho vagato senza meta. Ora lascia che io nasconda la mia faccia nel tuo petto e dimmi la tua parola. (Tagore)