Messalino di Giovedì 22 Novembre
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (5,1-10)
Io, Giovanni, vidi nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli.
Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli».
Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra.
Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo:
«Tu sei degno di prendere il libro
e di aprirne i sigilli,
perché sei stato immolato
e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue,
uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione,
e hai fatto di loro, per il nostro Dio,
un regno e sacerdoti,
e regneranno sopra la terra».
* Giovanni descrive l’investitura di Gesù come Signore della storia. Ed eccolo entrare: c’è una tensione estrema nell’attesa. Il piano redentivo di Dio è noto solo a Gesù; per tutti gli altri esseri è un libro sigillato. Non c’è creatura né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra che possa penetrare in questo piano meraviglioso di Dio.
Salmo Responsoriale (dal Sal 149)
Hai fatto di noi, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti.
Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion.
Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria.
Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca:
questo è un onore per tutti i suoi fedeli.
Canto al Vangelo (Sal 94,8)
Alleluia, alleluia. Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Luca (19,41-44)
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
* Gesù parla da profeta di sventura. I nemici s’accampano all’esterno della città e l’assalgono; degli abitanti vien fatta strage; nella città non rimane pietra su pietra. L’orgogliosa città sarà rasa al suolo. Il tono profetico delle parole di minaccia garantisce che non una di queste parole potrà essere mutata.
Spunti di Riflessione
«Pianse su di essa»
Le parole che Gesù rivolge a Gerusalemme non sono minacce, né la sua distruzione sarà castigo di Dio. Dio è misericordioso e perdona (cf Es 34,6-7; Sal 86,15; 103,8; Gio 4,2; ecc.). Le parole di Gesù sono una constatazione sofferta del male che il popolo fa a se stesso. Il male, dal quale mette inutilmente in guardia Gerusalemme, ricadrà infatti su di lui. In croce, sarà assediato, angustiato e distrutto da tutta la cattiveria del mondo e dall’abbandono di tutti. Il pianto di Gesù esprime la sua debolezza estrema, che è la forza dell’amore, che portò lui alla croce (cf 2Cor 13,4) e noi alla salvezza.
Gerusalemme non ha riconosciuto il giorno del perdono e della grazia, e allora dovrà fare la conoscenza col giorno dell’ira e dello sterminio dei suoi abitanti. La distruzione di Gerusalemme è vista come un castigo divino in risposta al rifiuto del Messia. La grazia, la bontà di Dio, quando è rifiutata, diventa ira, vendetta, castigo.
Le potenze del male sono tenute lontane dalla protezione di Dio. Il giorno in cui allontaniamo Dio dalla nostra vita, esse si comportano come le belve quando cacciamo via il domatore che le teneva debitamente a bada: ci sbranano. E non perché sono state aizzate contro di noi dal domatore indispettito e vendicativo, ma perché questa è la loro condotta naturale di belve. Quando rifiutiamo il regno di Dio, cadiamo immediatamente sotto il potere del demonio, che «è stato omicida fin da principio» (Gv 8,44)
«Gesù piange su Gerusalemme. La condanna cadrà su di lei. Gesù non può impedirla. Le lacrime manifestano la sua impotenza. Il suo pianto impotente nasconde un profondo mistero. Dio nasconde la sua potenza nell’amore di Gesù che salva e nella sua debolezza. Egli prende con tanta serietà la libertà dell’uomo, che preferisce piangere impotente in Gesù, piuttosto che togliere alla creatura umana la sua libertà. Il pianto di Gesù è l’ultimo invito alla penitenza per la città ostinata nel suo rifiuto e nel suo male».
La Parola per me, Oggi
Gerusalemme non ha riconosciuto il momento in cui Dio l’ha visitata. Anche nella mia storia personale ciò che importa è accorgermi delle continue visite di Dio... Egli viene in molti modi: con doni di gioia, d’illuminazione, di riuscita e anche col dolore, con lo smacco, con la malattia. “Tutto è grazia” perché è finalizzato a destare in me il desiderio di aprirmi alla volontà del Padre che è salvezza.
La Parola si fa Preghiera
Signore Gesù, fa’ che io ti veda e ti accolga quando Tu vieni negli altri, nei poveri, nelle gioie, nel dolore in ogni istante della mia vita. Fammi attento alla Tua presenza sempre!