SALMO 23 (22) – IL SIGNORE È IL MIO PASTORE
Alla guida e alla protezione di Dio pastore, l’orante affida il cammino della propria esistenza. Come ospite, Dio accoglie il suo fedele nel tempio e gli riserva il trattamento caratteristico dell’ospitalità orientale. Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
ALLE SORGENTI
Dal Commento di Don Carlo De Ambrogio in DON CARLO DE AMBROGIO, I Salmi, volume primo, Centro MATER DIVINAE GRATIAE, Rosta (To), 1968.
- Chi recita il salmo ha dinanzi allo spirito i testi profetici che rappresentano Jahvè come il pastore di Israele (Os 4,16; Ger 13,3; Ez 34,11,16). L’ espressione “soste di riposo” riconduce a Isaia 32,18 dove dice che il popolo abiterà in un “pascolo di pace” e “su soste tranquille”. Il Salmista applica tutto questo al suo caso e vi aggiunge la sua esperienza di Dio che l’ha guidato attraverso una vita piena di pericoli. I pastori palestinesi devono, durante l’estate, rifugiarsi sovente in profondi uadi, dove trovano un terreno ancora ricoperto d’erba e si spostano così di pascolo in pascolo. Questi spostamenti vengono fatti con fiducia, in ricordo della promessa fatta ai Padri e in particolare a Giacobbe: “Ecco, io sono con te, ti proteggerò ovunque tu andrai!” ( Gen 28,15; cf. anche Gen 27,3-24; 31,3; Es 3.12; Dt 11,7 e altri).
- Al v.5 il Salmista dichiara di essere l’ospite di Jahvè. Considera il Tempio come un asilo in cui il credente, in preda all’angoscia, può trovare rifugio e conforto nel banchetto sacrificale (cfr. Sal 22,27). Il pasto consumato nel Tempio è compiuto in compagnia di Jahvè, che figura come un ospite che presiede la mensa. Si notano in concreto tutte quelle attenzione che normalmente si aspettano da chi invita: unzione del capo in segno di festa (cfr. Am 6,6; Lc 7,47; Mt 26,7) e il calice ricolmo di vino (cfr. Sal 16,5). E’ probabile che il salmista sia stato un levita che doveva, a motivo del suo compito, passare nel Tempio la maggior parte della giornata.
Dal Discorso di Sua Santità BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 5 Ottobre 2011
- Cari fratelli e sorelle, anche noi, come il Salmista, se camminiamo dietro al “Pastore buono”, per quanto difficili, tortuosi o lunghi possano apparire i percorsi della nostra vita, spesso anche in zone desertiche spiritualmente, senza acqua e con un sole di razionalismo cocente, sotto la guida del pastore buono, Cristo, siamo certi di andare sulle strade “giuste” e che il Signore ci guida e ci è sempre vicino e non ci mancherà nulla…. Chi va col Signore anche nelle vali oscure della sofferenza, dell’incertezza e di tutti i problemi umani, si sente sicuro. Tu sei con me: questa è la nostra certezza, quella che ci sostiene.
LA PAROLA FA LUCE ALLA PAROLA
A.T.
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri (Is 40,11).Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore (Ger 23,4).
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 27-30).Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno (Lc 12,32).
“Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte” (Lc 15,4-7).
Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza (Fil 4,11-13).
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti
al pastore e custode delle vostre anime (1Pt 2,25).
Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi (Ap 7, 16-17).
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici…
A.T.
Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: “Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”.
Allora il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno” (Es 16,2-5).
Agli Israeliti dirai: “Questo sarà per me l’olio dell’unzione sacra, di generazione in generazione. Non si dovrà versare sul corpo di nessun uomo e di simile a questo non ne dovrete fare: è una cosa santa e santa la dovrete ritenere (Es 30,32-33).
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita (Sal 16,5).
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre! (Sal 22,27).
Parlarono contro Dio,
dicendo: “Sarà capace Dio
di preparare una tavola nel deserto?” (Sal 78,19).
Tu mi doni la forza di un bufalo,
mi hai cosparso di olio splendente (Sal 92,11).
È come olio prezioso versato sul capo,
che scende sulla barba, la barba di Aronne,
che scende sull’orlo della sua veste (Sal 133,2).
In ogni tempo siano candide le tue vesti
e il profumo non manchi sul tuo capo (Qo 9,8).
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo (Mc 14,3).
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. Poi disse a lei: “I tuoi peccati sono perdonati” (Lc 7,44-48).
Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via (Gv 14,1-4).
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga (1Cor 11,23-26).
Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli (2Cor 5,1).
VOCI DEL NOSTRO TEMPO
Ma che pastore…
Pastore delle cento pecore che sono restate nell’ovile, pastore della pecora
smarrita, pastore della pecora che ritorna.
E che per aiutarla a tornare, perché le sue gambe non possono più portarla.
Le sue gambe stremate,
La prende dolcemente e la riporta lui stesso sulle spalle,
Sulle sue due spalle,
Dolcemente piegata a semicerchio intorno alla nuca,
Con la testa della pecora appoggiata così sulla sua spalla destra,
Che è il lato buono…
…
Perché le pietre del sentiero non feriscano più i suoi due piedi feriti.
Perché c’è più gioia in cielo per un peccatore che ritorna,
Che per cento giusti che non se ne fossero andati.
Perché i cento giusti che non se ne sarebbero andati sarebbero restati.
Non sarebbero restati che in fede e in carità.
Ma quel peccatore che se ne è andato e che ha rischiato di perdersi
A causa della sua stessa partenza e perché sarebbe mancato all’appello della sera
Ha fatto nascere il timore e così ha fatto sgorgare la speranza stessa
Nel cuore di Dio stesso
Nel cuore di Gesù
Il tremore del timore e il brivido,
il fremito della speranza”.
(Charles Peguy, Il portico del mistero della seconda virtù)
LA MIA PAROLA
Signore sei il mio pastore.
Mi pascoli e mi nutri,
come hai nutrito il tuo popolo nel deserto.
Io credo che niente di necessario mi manca.
Perché se questo necessario mi mancasse tu me lo avresti già dato (cfr M. Delbrel, Noi delle strade).
Hai cura di me. Mi guidi quando la strada io non la so.
Se la mia vita si smarrisce su strade di pericolo, di morte,
nei sentieri aridi dell’angoscia e del non senso,
se la paura sussurra gelida al mio cuore
spegnendo la speranza,
anche allora ho fiducia.
Tu sei con me,
la tua forza mi difende,
la tua Parola mi ristora e mi custodisce.
Io so che mi conduci in una terra senza lacrime, dove il mio cuore trova sollievo.
Anche quando è notte e non scorgo più il tuo volto dentro i miei giorni,
io credo con tutte le mie forze che sei lì,
con me.
E se i nemici ridono di me
Minando la mia fiducia
Tu mi colmi di gioia alla tua tavola imbandita per me, davanti al loro sarcasmo.
Sei il mio Pastore…
Non manco di nulla…